Nel rispondere ad una istanza di interpello formulata ai sensi dell'articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei contribuenti), l’Agenzia delle Entrate fornisce con la risoluzione n. 180/E del 10 luglio 2009, ulteriori chiarimenti in merito all’istituto del deposito IVA.
La società istante, operatore che esercita in ambito comunitario ed extracomunitario l'attività di commercio sia all'ingrosso che al minuto di macchine, attrezzature, prodotti per l'attività agricola/allevamento (nonché di ricambi ed accessori per dette macchine e attrezzature), intende istituire un deposito IVA per custodirvi beni per conto terzi, precisamente per conto di un suo cliente identificato in altro stato membro dell'Unione Europea, che doveva provvedere alla successiva estrazione delle merci.
L'Agenzia delle Entrate innanzitutto precisa che il deposito IVA, a norma dell'articolo 50-bis del D.L. 30 agosto 1993, n. 331, è un luogo per la custodia di beni sia nazionali che comunitari non destinati alla vendita al minuto nei locali dei depositi medesimi. Il comma 2 del richiamato articolo 50-bis del D.L. 331 del 1993 prevede la possibilità di richiedere l’autorizzazione per l’istituzione di un deposito IVA al competente direttore regionale delle entrate, in presenza dei particolari requisiti specificati nel D.M. 20 ottobre 1997, n. 419, tra cui la disponibilità di locali idonei alla custodia dei beni. Inoltre, per la gestione del deposito deve essere tenuto un apposito registro che evidenzi la movimentazione dei beni (vedasi in proposito quanto specificato dalla Circolare 16/D del 28 aprile 2006 dell'Agenzia delle Dogane). Qualora il deposito IVA sia destinato a custodire beni per conto terzi, l’autorizzazione alla sua istituzione può essere rilasciata esclusivamente a determinati soggetti appositamente individuati dalla legge, e cioè: società per azioni, in accomandita per azioni, a responsabilità limitata, società cooperative o enti il cui capitale sociale ovvero fondo di dotazione non sia inferiore ad un miliardo di lire" (pari a Euro 516.456,90).
Poiché la società istante intende istituire proprio un deposito IVA per la custodia di beni per conto di terzi (nello specifico, di un soggetto passivo identificato in altro stato membro dell'Unione Europea), essa può essere autorizzata qualora in possesso dei requisiti richiesti dalla norma. Inoltre, aggiunge l’Agenzia, qualora il depositario (ossia la persona che gestisce il deposito IVA), intenda introdurre nel deposito beni per conto di un soggetto non residente, e quest’ultimo non abbia già nominato un rappresentante fiscale o provveduto all'identificazione diretta ex art. 35-ter DPR 26 ottobre 1972, n. 633, dovrà assumere egli stesso la veste di rappresentante fiscale del soggetto non residente, ai fini dell'adempimento degli obblighi tributari afferenti le operazioni concernenti i beni in custodia.
L’Agenzia precisa altresì che, ai sensi dell'articolo 44, comma 3, secondo periodo, del D.L. n. 331, se sono effettuate solo operazioni che non implicano il pagamento dell'IVA (es. operazioni non imponibili o esenti, come nel caso dell'introduzione dei beni in un deposito IVA o delle successive cessioni dei beni all'interno dello stesso), la funzione del rappresentante fiscale (in questo caso il depositario), si limita all'esecuzione degli obblighi relativi alla fatturazione delle operazioni intracomunitarie ed alla compilazione degli elenchi Intrastat.
A colorrario di tale interpretazione si specifica che l'acquisto intracomunitario eseguito mediante introduzione dei beni nel deposito IVA va formalizzato dal depositario (in qualità di rappresentante fiscale del soggetto non residente), al momento dell'introduzione delle merci in deposito, mediante l'integrazione della fattura comunitaria secondo le disposizioni dell'articolo 46, comma 1, del D.L. n. 331, indicando in luogo dell'imposta la causa di "non pagamento" ai sensi dell'articolo 50-bis, comma 4, lett. a) del citato decreto.
Allo stesso modo, le cessioni dei beni custoditi all'interno del deposito effettuate dal depositario agente in qualità di rappresentante fiscale, avverranno senza pagamento dell'imposta e, quindi, dovranno essere formalizzate attraverso l'emissione di una fattura che, anziché liquidare l’imposta, dovrà indicare il titolo di inapplicabilità del tributo ed il relativo riferimento normativo (articolo 50-bis, comma 4, lett. e) del D.L. n. 331 del 1993).
Il momento dell'estrazione dei beni dal deposito comporterà il pagamento dell'imposta che, come prevede l'articolo 50-bis, comma 6 del D.L. n. 331 del 1993, va assolta a cura del soggetto passivo che procede all'estrazione della merce attraverso il meccanismo dell'inversione contabile (cd. “reverse charge”), a norma dell'articolo 17, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972.
L’Agenzia delle Entrate ricorda infine, che ai sensi del comma 8 dell'articolo 50-bis citato, il depositario risponde in solido con il soggetto passivo della mancata od irregolare applicazione dell'IVA, qualora non risultino osservate le prescrizioni stabilite D.M. 20 ottobre 1997, n. 419.
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