Saturday, April 20, 2024
Italian (Italy)English (United Kingdom)

Desiderio Consultants Ltd. is a think tank and a network of independent professional international development consultants established to promote and influence customs & trade-related policies in African nations to achieve trade facilitation reforms aimed at improving international and regional trade
Creativity, Commitment to Excellence, Results

Il rappresentante indiretto risponde in solido con l’importatore del mancato versamento IVA

 

E’ il principio affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 7720 del 27 marzo 2013, che si riferisce ad una controversia riguardante alcune operazioni d’importazione per le quali l’importatore aveva presentato una dichiarazione d’intento, poi rivelatasi mendace, al fine di beneficiare di una esenzione IVA.

L’art. 8, comma 2 del DPR 633/72 consente di acquistare beni o servizi senza pagamento dell'IVA fino alla concorrenza delle esportazioni dell'anno precedente (nell`ambito di un determinato plafond), in virtù di un’apposita dichiarazione (detta “d’intento”) depositata alle dogane prima di effettuare l’operazione di importazione. Questo beneficio è riservato a coloro che possiedono lo status di “esportatore abituale”, ossia a coloro che, nell'anno solare precedente o nei 12 mesi precedenti, hanno effettuato operazioni con l'estero per un ammontare superiore al 10% del volume d'affari.

Nel caso di specie, la società oggetto della decisione in esame  aveva presentato una dichiarazione d’intento senza avere lo stato di esportatore autorizzato, mancando del requisito soggettivo necessario per poter presentare alle dogane la dichiarazione d’intento e beneficiare del meccanismo di sospensione dell’IVA a questa collegato.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 7720/2013 estende la responsabilità per il pagamento dell’IVA non corrisposta anche al rappresentante indiretto del quale la società si era avvalsa per il compimento delle suddette operazioni di importazione. Quest’ultimo infatti sarebbe responsabile in solido con l'importatore del pagamento dell’IVA dovuta a norma dell'art. 201, par. 3 del Regolamento CEE n. 2913/92.

Il ragionamento alla base della pronuncia dei giudici di legittimità è sottile, ma determinante ai fini della decisione della controversia.

L’obbligazione al pagamento dell’IVA, secondo la Corte, scaturirebbe non dalla presentazione della dichiarazione di intento mendace, ma dall’operazione di importazione stessa, eseguita “materialmente” dal rappresentante indiretto tramite la presentazione della dichiarazione doganale. L’operazione di importazione rappresenta quindi il presupposto impositivo dell’IVA dovuta dall’importatore. Essendo inoltre tale tributo, al pari dei dazi doganali (perlomeno secondo l’indirizzo giurisprudenziale prevalente, vedasi in ultimo Cass. Sent. n. 15921 del 20 luglio 2011), un diritto di confine, di esso risponderebbe solidalmente anche il rappresentante indiretto, nella sua qualità di dichiarante, a norma dell’articolo 201, paragrafo 3, del Codice Doganale Comunitario (CDC). In base a tale articolo infatti, tenuto al pagamento dell’obbligazione doganale è il “dichiarante”, nozione nella quale rientra, ai sensi dell’art. 4, punto 18 CDC, oltre che l’importatore, anche il rappresentante indiretto, che ai sensi dello stesso articolo è obbligato con il rappresentato a titolo di solidarietà (“In caso di rappresentanza indiretta è parimenti  debitrice la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana”).

Il punto critico è dunque quello di stabilire se il rappresentante indiretto, in quanto responsabile del pagamento dell’obbligazione doganale in solido con il rappresentato, è tenuto anche al pagamento dell’IVA. Il ragionamento della Suprema Corte su questo aspetto vacilla. L’obbligazione doganale viene definita dal Codice Doganale Comunitario (art. 4, punto 9) come “l'obbligo di una persona di corrispondere l'importo dei dazi di importazione o di esportazione applicabili ad una determinata merce “in virtù delle disposizioni comunitarie in vigore”. A parte il richiamo esplicito della disposizione in questione ai “dazi doganali” e non  al complesso dei diritti applicabili in relazione all’importazione di una data merce (i dazi di esportazione non vengono più applicati nell’UE), occorre prestare attenzione proprio a quest'ultimo inciso. L’obbligazione doganale consiste infatti nell’obbligo di pagare unicamente i dazi che sono applicabili sulla base delle disposizioni comunitarie vigenti. L’IVA, pur volendola (forzatamente ed artificiosamente) assimilare ad un dazio (in virtù della pretesa natura di "diritti di confine" di entrambi), rappresenta una misura di fiscalità interna, e pertanto esce fuori dal campo di applicazione dell’art. 201, par. 3 e dell’art. 4, punto 9 del Codice Doganale Comunitario. A nulla vale la considerazione che esiste una disciplina-quadro sull’IVA a livello UE (costituita dalla Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto), in quanto tale normativa mira semplicemente ad avvicinare le legislazioni nazionali degli Stati membri che disciplinano l’IVA, in modo da avere regole comuni sugli aspetti tecnici dell’imposta, le cui modalità applicative (e si noti che il punto 9 dell’art. 4 CDC fa espresso riferimento all’ “applicabilità” dei dazi sulla base di disposizioni comunitarie) rientrano sempre nella competenza degli Stati membri. Il dazio infatti è una misura impositiva fissata direttamente dal diritto UE, mentre l'IVA viene stabilita autonomamente dagli Stati membri, sia pure sulla base di criteri comuni. Il ragionamento della Corte pertanto si basa su una lettura forzata (e distorta) della normativa del Codice Doganale Comunitario, arrivando ad estendere artificiosamente la responsabilità per il pagamento dell’IVA anche al rappresentante indiretto.

View Danilo Desiderio's profile on LinkedIn

 

Copyright © 2011

Desiderio Consultants Ltd., 46, Rhapta Road, Westlands, Nairobi (KENYA)