VAT warehouses, new users guide

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With the Notice Prot. 84920/RU of 7 September 2011, The Italian Customs Agency provides additional clarification regarding the VAT warehouse regime, following the amendments introduced by the “development decree” (law decree 13 May 2011, N° 70, converted into law 12 July 2011, N° 106), to the art. 50a of the law decree 30 August 1993, N° 331 (converted into law 29 October 1993, N° 427).

La nota in questione fa seguito ad una precedente comunicazione dell’Agenzia (comunicato n. 86094 del 20 luglio 2011), nella quale veniva richiamata l’attenzione degli operatori sulla principale novità di tale riforma, ossia l'obbligo di costituzione (salvi alcuni casi di esenzione), a partire dal 12 settembre 2011, di una garanzia intestata a colui che introduce la merce in deposito per l'immissione nei relativi locali, il cui valore va commisurato all’ammontare dell’IVA dovuta sui beni stessi. Garanzia che è svincolabile solo a seguito all’estrazione delle merci dai locali in questione.

Il meccanismo in oggetto, corrispondente ad una prassi già praticata da alcuni uffici doganali, veniva giustificato con l’esigenza di tutelare il fisco contro i casi di utilizzo improprio di tale istituto.

In primis, il nuovo provvedimento dell'Agenzia delle Dogane conferma che possono essere gestiti come depositi I.V.A:

-  i depositi pubblici gestiti come magazzini generali ed i depositi franchi o operanti nei punti franchi previsti nel comma 1 dell’art. 50 bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331,

-  i depositi fiscali di beni sottoposti ad accisa (“depositi accisa”), di cui al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (cd. Testo Unico Accise),

-  tutte le tipologie di depositi doganali privati gestiti sotto la responsabilità del depositario individuate dall'art. 525, par. 2, delle D.A.C. (Reg. (CEE) 2 luglio 1993, n. 2454).

La nota in esame precisa che in quest’ultima categoria di depositi è ricompreso quello (doganale) di tipo E, la cui caratteristica principale sta nel fatto che il depositario è dispensato dall’onere di predeterminazione dei locali dove stoccare le merci. Si tratta di una tipologia di deposito maggiormente diffusa in altri Stati membri, che lo utilizzano frequentemente anche come deposito I.V.A., la quale assicura la massima flessibilità operativa per il depositario, dandogli la possibilità di utilizzare una pluralità di installazioni, anche non contigue fra loro, per lo stoccaggio delle merci.

In effetti la nota in questione conferma quanto da noi esposto nel volume “I depositi Iva ed altri regimi di deposito nell’UE”, circa  l’impropria qualificazione come “virtuali”, da parte di alcuni Stati membri, di tali depositi, dovendo lo stoccaggio delle merci avvenire in ogni caso entro dei luoghi “fisici”. Di fatto, l’unico Stato membro dell’UE che ammette la possibilità di prescindere del tutto dall’immagazzinamento fisico delle merci nei locali di deposito, è l’Olanda, che regolamenta l'“Administrative VAT warehouse”, regime di diritto interno diverso dal deposito doganale di tipo E avente pura natura amministrativa, in cui al titolare del deposito (soggetto stabilito in Olanda od ivi identificato a mezzo di rappresentante fiscale), viene riconosciuta la possibilità di ottenere la sospensione del pagamento dell’IVA, facendosi cedere contabilmente le merci, ossia senza che queste debbano essere movimentate fisicamente all’interno di un dato spazio o luogo fisico di sua proprietà o rientrante nella sua disponibilità, purchè l'intera operazione venga documentata a livello contabile.

L’Agenzia delle Dogane chiarisce che in base alla disciplina comunitaria, la gestione dei depositi doganali di tipo E è comunque soggetta ad autorizzazione da parte della competente autorità doganale, con la particolarità che in tale tipologia di deposti non è richiesta la preventiva indicazione dei locali di stoccaggio al momento della richiesta dell’autorizzazione. Inoltre tale gestione è subordinata alla tenuta di una contabilità di magazzino, a cura del depositario, secondo le regole previste dall’art. 530 delle D.A.C..  La mancanza della predeterminazione dei locali di stoccaggio viene infatti compensata da un più accurato sistema di rilevazione contabile, che in questa tipologia di deposito assume una rilevanza fondamentale, in quanto deve consentire sia l’esatta individuazione - in qualsiasi momento - delle quantità di merci vincolate al regime del deposito (con la distinzione fra quelle vincolate a deposito doganale e quelle vincolate a deposito I.V.A.), che della localizzazione delle stesse all’interno delle aree di deposito. L’Agenzia ricorda anche che l’iscrizione nella contabilità di magazzino di merci vincolate al regime di deposito di tipo E deve avvenire al momento in cui le merci raggiungono le installazioni di stoccaggio del titolare, mentre l’appuramento del regime dovrà essere effettuato al più tardi al momento dell’uscita delle merci dalle stesse.

Si ricorda che le immissioni in libera pratica di beni destinati ad essere introdotti in un deposito I.V.A. sono effettuate in sospensione (ossia senza che avvenga la riscossione) dell'I.V.A., sulla base di una dichiarazione dell'importatore circa la destinazione dei beni. Il relativo onere di pagamento viene assolto successivamente, al momento dell'estrazione dal deposito, a cura dei soggetti passivi agli effetti I.V.A., tramite il meccanismo dell'inversione contabile (c.d. “reverse charge”). Per il mantenimento dell'impegno in ordine alla destinazione assunto dal dichiarante, l'Ufficio doganale di importazione provvederà d’ora in avanti a far garantire l'I.V.A. non riscossa in applicazione dell'art. 192, par. 2, del Codice doganale comunitario (Reg. (CEE) n. 2913/1992).

Le modifiche normative in commento prevedono tuttavia la possibilità di ottenere un esonero dalla prestazione della garanzia a favore di quegli operatori già titolari di esonero dall'obbligo di prestare garanzia ai sensi dell'art. 90 del D.P.R. 43 del 1973 (T.U.L.D.) e dei titolari di certificazione AEO (tipologie “C” od “F”). Ciò in virtù del fatto che entrambe le tipologie di soggetti in questione possiedono un grado di affidabilità e di notoria solvibilità già accertato dalle dogane. Ovviamente, qualora lo status di AEO o l’agevolazione di cui all’art. 90 TULD, dovessero essere revocate o venire meno in qualche altro modo, l’operatore perderà anche il diritto all’esonero della garanzia obbligatoria per le operazioni di introduzione in deposito I.V.A.

Per tutti gli altri soggetti che non beneficiano dell’esonero dalla garanzia in oggetto, la stessa potrà invece essere svincolata solo a seguito della comunicazione, da parte di colui che procede all’estrazione dal deposito, dei dati relativi alla liquidazione dell'IVA. Tale formalità comprova l’avvenuto assolvimento degli adempimenti di cui al D.P.R. 633 del 1972 ai fini del pagamento del tributo. I dati in questione saranno sostituiti in futuro dalla integrazione delle banche dati tenute dalle Agenzie fiscali delle dogane e delle entrate, secondo modalità da stabilirsi con determinazione adottata di concerto dai Direttori delle due Agenzie.

In caso di non coincidenza tra colui che introduce le merci in deposito e chi le estrae (in Italia si tratta di una casistica piuttosto marginale), sarà l'operatore che esegue l’estrazione a dover effettuare le necessarie comunicazioni sia al depositario che al competente ufficio doganale.  Spetterà invece al depositario (ossia al soggetto autorizzato a gestire il deposito doganale), fornire gli elementi del buon esito dell'operazione, oltre che al competente ufficio doganale, anche al soggetto che ha introdotto la merce in deposito, intestatario della garanzia, al fine di consentire allo stesso di attivarsi per lo svincolo della stessa.

Sempre ai fini dello svincolo della garanzia, il soggetto che procede all'estrazione delle merci dal deposito, dovrà dare prova dell'espletamento degli adempimenti previsti in materia di I.V.A. (art. 1 D.P.R. 100/1998) ai fini della liquidazione dell'imposta, fornendo documentazione dell'avvenuta registrazione dell'autofattura nella propria contabilità. Analoga prova dovrà essere fornita nel caso in cui i beni immessi in libera pratica e custoditi in deposito I.V.A. siano spediti in altro Paese comunitario, nonché nel caso di esportazione verso Paesi terzi (art. 8 D.P.R. 633/1972), ferma ovviamente restando, in tale ultimo caso, l'osservanza di tutti gli altri adempimenti connessi alla presentazione della relativa dichiarazione doganale.