Cloud Computing e dogane: la sperimentazione parte in Africa

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Viene avviato in Africa il primo tentativo di sperimentazione della tecnologia del Cloud Computing per effettuare il collegamento di sistemi informatici doganali di Paesi diversi. Namibia e Botswana hanno recentemente lanciato, con il supporto dello USAID (l’organizzazione governativa americana che gestisce gli aiuti USA ai paesi meno sviluppati), e della Microsoft, un progetto pilota che prevede la costruzione di una interfaccia virtuale su internet che sfrutta la tecnologia del cloud computing per consentire a dogane ed operatori dei due Paesi di scambiarsi elettronicamente dati, informazioni e documenti, riducendo i costi di transazione sulle merci oggetto di interscambio tra i due Paesi.

I dati e le informazioni in questione, trasmessi dagli operatori di ciascuno dei due Paesi interessati ai sistemi telematici delle rispettive amministrazioni doganali, verranno condivisi e sincronizzati con un server remoto virtuale la cui proprietà non è delle dogane interessate, ma di un soggetto terzo (la Microsoft), per poi essere resi accessibili alle amministrazioni doganali di entrambi i Paesi. L’interfaccia in questione fungerebbe in sostanza da ponte di collegamento tra due sistemi telematici doganali (va evidenziato a tale proposito che sia Namibia che Botswana adottano lo stesso sistema telematico, ossia l’ASYCUDA, sviluppato dall’UNCTAD, per cui non si pone alcun problema di compatibilità ed interoperabilità tra gli stessi).

Se il progetto darà esito positivo, l’iniziativa verrà presto estesa anche al Sud Africa, così da consentire in futuro il collegamento telematico tra i sistemi informativi doganali dei tre Paesi attraversati dal Trans-Kalahari Corridor (TKC), ossia il corridoio lungo più di 1.900 km che collega il porto di Walvis Bay, in Namibia, con le città di Johannesburg e Pretoria, in Sud Africa, passando attraverso Windhoek e Gaborone, in Botswana.

In tal modo verranno completamente automatizzate le operazioni di transito lungo tale corridoio, riducendo al minimo le formalità documentali per gli operatori che vi instradano i propri traffici e consentendo all’Istituzione che gestisce il Corridoio di ottenere più facilmente e rapidamente le informazioni ed i dati necessari per misurarne le performance.

Il progetto prevede anche la costituzione di due One Stop Border Posts (OSBPs), ossia dei centri integrati di controllo, nei quali sono presenti le dogane e gli altri organismi di controllo dei due Paesi limitrofi, sia al confine tra Namibia e Botswana che tra Botswana e Sud Africa (prima iniziativa del genere è l’OSBP di Chirindu, costituito tra Zambia e Zimbabwe, il quale rappresenta uno dei casi di successo in Africa di snellimento dei traffici fra due Paesi). Successivamente l’iniziativa potrebbe essere addirittura allargata a tutti i Paesi dell’area SADC, ossia a ben 15 Paesi del sud dell’Africa.