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Blocco di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale: le precisazioni della CGUE

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Con sentenza dell’1° dicembre 2011 (cause riunite C 446/09 e C 495/09), la Corte di Giustizia dell’UE ha trattato il caso di merce (rasoi e telefoni cellulari, nel caso di specie), fermata dalle dogane del Belgio e del Regno Unito perché sospettata di avere carattere usurpativo o imitativo rispetto a beni commercializzati, rispettivamente, dalle ditte Philips e Nokia.

Avviato un procedimento giurisdizionale nei confronti delle imprese (asiatiche) coinvolte nella produzione e nella commercializzazione di tali beni, le due ditte europee, ciascuna in maniera autonoma rispetto l’altra, chiedevano all'autorità giudiziaria di disporre la distruzione od il sequestro delle merci in questione, con il relativo risarcimento dei danni.

Trattandosi tuttavia di merci semplicemente introdotte nel territorio doganale dell’Unione, senza anche esservi immesse in libera pratica (essendo state vincolate, rispettivamente, ai regimi sospensivi del deposito doganale e del transito esterno, per poi essere successivamente destinate alla commercializzazione al di fuori del mercato dell’Unione), le autorità giudiziarie investite delle rispettive cause manifestavano dei forti dubbi circa la possibile qualificazione di tali merci come “contraffatte» od “usurpative” ai sensi del regolamento n. 1383/2003, e sull’applicabilità della relativa disciplina. A tal fine sottoponevano una domanda di pronuncia pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE, che con la sentenza in oggetto ha confermato i dubbi dei giudici di rinvio, precisando che le merci in questione possono essere qualificate come "usurpative" o "contraffatte" solo se destinate ad essere immesse in commercio in uno degli Stati membri dell’UE.

Ciò significa che la semplice introduzione in regime sospensivo (es. transito o deposito doganale) nel territorio doganale dell’Unione di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale, non consente di qualificare le stesse come «merci contraffatte» o «merci usurpative». Non sarà possibile, di conseguenza, applicare i rimedi di cui al Reg. CE n. 1383/2003 (regolamento peraltro in fase di modifica da parte della Commissione), salvo che non venga fornita la prova che le merci in questione sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione europea. Prova che, in particolare, si ritiene sussistente ogni volta che risulti che tali merci sono state oggetto di una vendita ad un cliente dell’Unione, oppure di una offerta in vendita, di una pubblicità rivolta a consumatori dell’Unione, od ancora quando risulta da documenti o da corrispondenza concernenti le merci stesse, che è previsto che le medesime siano dirottate verso i consumatori dell’Unione.

Per poter sospendere lo svincolo o procedere al blocco delle stesse merci in questione, aggiunge la Corte, l’autorità doganale deve disporre di indizi che consentano di sospettare l’esistenza della suddetta violazione dei diritti di proprietà intellettuale. La sentenza fornisce anche alcuni esempi di tali indizi: si va dalla mancata dichiarazione della destinazione delle merci (nonostante il regime sospensivo richiesto esiga una siffatta dichiarazione), alla mancanza di informazioni precise o affidabili circa l’identità o l’indirizzo del produttore o dello speditore delle merci, od alla mancata cooperazione con le autorità doganali, fino al rinvenimento di documenti o di corrispondenza concernenti le merci in questione atti a far supporre che è possibile che le medesime siano dirottate verso i consumatori dell’Unione europea.

 

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